mercoledì 22 aprile 2020

Ingegnerie della divinazione (10)


Onde e diagrammi: i poteri divinatori della matematica

Come ha ben puntualizzato Alexandre Koyré, la scienza moderna si fonda sull’esperimento e sulla misura. Il passaggio “dal mondo del pressappoco all’universo della precisione” si fonda proprio sulla potenza oggettiva dei numeri. Di tutto ciò si è già visto come Vilfredo Pareto abbia organizzato il suo Manuale di economia politica, e anche se altri sono stati gli sviluppi, la scienza economica, dal secolo XIX è stata presto contaminata da una ossessione divinatoria, spesso mascherata da una semplice analisi storica quantitativa. La storia quantitativa fa tutti gli sforzi possibili per diventare una scienza esatta e in questo senso la figura di Nicolaj Dimitrievich Kondrat’ef (4 marzo 1892 – 17 settembre 1938) assume un ruolo di protagonista. Così scriverà dal carcere alla figlia Elena nel 1934:

“Tutta la mia vita l’ho vissuta nel futuro. Tutta la mia vita ho cercato di passare attraverso la fitta recinzione del giorno quotidiano in modo che senza intenzione spostavo tutta la mia attenzione al futuro. Il presente mi sembrava sempre non autentico. Autentico per me era solo il futuro quando la recinzione sarebbe stata finalmente scavalcata e sarebbe stato possibile dedicarmi con tutte le mie forze all’autentico coinvolgente lavoro scientifico e tutta la mia attenzione d’animo solo a te…

Kondrat’ef nato da una famiglia di umili origini divenne presto membro del Partito Socialista Rivoluzionario, e dopo la rivoluzione del 1917 si dedicò all'attività di ricerca. Nel 1919 divenne professore di economia nell'Accademia di Agricoltura e nell'ottobre del 1920 fondò a Mosca l'Istituto di Congiuntura. Dopo aver pubblicato nel 1922 The World Economy and its Conjunctures During and After the War (Mirovoye khozyaystvo i yego kon"yunktury vo vremya i posle voyny) nel 1924, anno in cui viaggiò in occidente soggiornando negli Stati Uniti d’America e in Canada, divenne famoso per il suo saggio On the Notion of Economic Statics, Dynamics and Fluctuations, seguito l’anno seguente da The Major Economic Cycles, in cui presentava le sue considerazioni sui cicli economici. Teorico della Nuova politica economica (NEP) fu il principale sostenitore di uno sviluppo economico fondato sull’agricoltura a dispetto dell’industria pesante. Quando nel 1927 la NEP fu accantonata anche Kondrat’ef cadde in disgrazia e, rimosso dall’incarico, presto venne arrestato, terminando così la sua prestigiosa carriera. I Cicli economici maggiori[1] studiati e teorizzati da Kondrat’ef partono da un’analisi dell’andamento dei salari nell’industria del cotone e nell’agricoltura in Inghilterra tra il 1790 e il 1910, che vengono presto rapportati con la produzione del carbone in Inghilterra e del consumo del carbone in Francia. Da queste considerazioni ne segue la teoria delle “onde di Kondrat’ef” ovvero di cicli lunghi della durata di 50-70 anni tipici del moderno mondo economico capitalistico. Essi sono costituiti da una fase ascendente corrispondenti a una crescita economica specializzata a cui fa seguito una fase di depressione dei mercati.


*** 
Nella sua opera sui Cicli economici (1939), Joseph Schumpeter tenterà di individuare nella storia economica le diverse fasi dei cicli di Kitchin, Juglar e Kondrat’ev.

«Le storie delle “crisi” e le dettagliate descrizioni di crisi individuali sono state descritte sin dagli inizi del diciannovesimo secolo. Quella letteratura è più ricca di quanto appare a prima vista perché include tutte le descrizioni degli aspetti particolari come quelli descritti da vari punti di vista. Molti di questi intendono analizzare il meccanismo monetario e la speculazione»

Come possiamo leggere alla voce “Futuro” nella Enciclopedia delle scienze sociali dell’Istituto della Enciclopedia Italiana, Wendell Bell afferma che “la futurologia moderna si può far risalire agli anni sessanta (del Novecento)”. In realtà gli econometristi nel tracciare sin dall’inizio del secolo i loro “cicli economici” non si sono mai arrogati il ruolo di futurologi, anche se la loro aspirazione nascosta inevitabilmente era quella di poter trovare uno strumento per poter governare il futuro. Ma allora mancavano gli strumenti e tra essi in primis il computer. Registrare lunghe serie di dati e tracciare grafici e curve sulla carta millimetrata non permetteva di andare oltre alle estrapolazioni di regressioni lineari o di ricerche di asintoti, e i risultati erano sempre stati confermati (se c’erano) ex post. Ora le cose stavano cambiando e la pubblicazione del saggio di Fred Polak, Die Toekomst Is Verleden Tijd (letteralmente Il futuro è il tempo passato), pubblicato a Utrecht nel 1955, e tradotto in inglese nel 1961, costituì una pietra miliare segnando, con il concetto della “immagine del futuro”, la strada a numerose ricerche sui confine di storia, economia, antropologia e sociologia.

History now entered a new dialectic phase which harmonized essence-optimism and influence-optimism in a new way. Ironically enough, this new phase was involuntarily inaugurated by Rathenau in the shape of a reaction to his ideas. It nevertheless continued a line of development started before his time and continued in opposition to him, represented by such people as Machiavelli, Fichte, Hegel, Joseph de Gobineau, Nietzsche, Spengler, Ludwig Klages, Albert Sorel, Vilfredo Pareto, and Lenin. The interest no longer focused on human progress, nor on the biological-cosmic évolution of a superior type of man. The interest had narrowed to the sélection and promotion of one racial type to a position of world domination.[2]

La nascita ufficiale della futurologia “scientifica” si attesta invero con il saggio di Bertrand De Jouvenel, L’art de la conjecture. Futuribles, apparso a Monaco nel 1964.

L'uso di riunire degli esperti e di investigare il futuro è entrato ormai nelle nostre abitudini, l problemi che si pongono sono i seguenti: fra dieci, quindici, venticinque anni (o addirittura alla fine del secolo) quale sarà la popolazione del nostro paese o della terra? Quale parte avranno le varie classi di età, le diverse regioni, gli agglomerati urbani? ha produzione aumenterà in proporzione? dovrà modificare composizione e impieghi? Di quanto crescerà il consumo d'energia? e sotto quali forme? Quanto alle materie prime, da dove si ricaveranno le risorse naturali? Quali saranno le conseguenze in campo commerciale?[3]

E quando poco oltre si arriva ai progenitori dell’econometria ecco che si legge, ripreso dal Morgenstern[4], che “i sistemi di equazioni di Walras o di Pareto non erano per niente destinati ad essere risolti: essi avevano una funzione illustrativa e non pratica.”[5] Sempre prendendo a prestito le considerazioni di Oskar Morgenstern così Bertrand de Jouvenel scriveva:

Così, in una scienza del concreto, la teoria, nella sua forma più raffinata, appariva per sempre incapace di applicazioni concrete. Ci si stupisce che non vi siano stati né profonda insoddisfazione per una tale situazione senza una via d'uscita, né (per lungo tempo) tentativi di aggregare le variabili e le equazioni per passare a un modello meno raffinato che però fosse utilizzabile. Gli autori sembravano paghi di aver fornito una descrizione astratta del mondo economico e non curarsi delle applicazioni. Se formulavano delle raccomandazioni, esse erano essenzialmente affermazioni di principi fondamentali senza un necessario legame con il modello. In nessun caso queste raccomandazioni risultavano da un'applicazione del modello a una situazione concreta che, attraverso l'introduzione di dati particolari, conducesse a valutazioni conseguenti. [6] (ed.it. p. 238)

A conclusione del suo libro il de Jouvenel ritornava a parlare esplicitamente di Vilfredo Pareto, evolvendone le idde attraverso gli studi di Zipf e soprattutto di Benoit Mandelbrot, il padre della teoria dei frattali.

Nel 1897, Pareto ha dimostrato che, in fatto di redditi, si incontra una distribuzione particolare, da allora chiamata « paretiana » Molto più recentemente, Zipf ha raccolto una serie straordinaria di distribuzioni paretiane, attingendole dai campi più diversi: alcune tesi azzardate ed alcune balordaggini di questo pensatore bizzarro hanno ritardato l'accettazione delle sue teorie. Ma Benoìt Mandelbrot ha ripreso le sue ricerche con ben altro rigore " e, in una memoria recente, fornisce notevoli chiarimenti sul modo di formazione di una distribuzione paretiana''. I diversi modelli di distribuzione studiati sono stati recentemente riesaminati uno per uno. A questo riguardo è indiscutibilmente importante il ruolo che svolge la simulazione, con la quale si possono formare delle distribuzioni servendosi di ipotesi sui vari processi, ipotesi che basta affidare ad un calcolatore per conoscere cosa ne discenderà, come è stato fatto in un esperimento riguardante le dimensioni relative delle imprese. (ed. it. pp. 382-383)

Nel suo famoso saggio The Black Swan (New York : Random House, 2007) , anche Nassim Nicholas Taleb ricorderà più volte Pareto:

The scientists J . C. Willis and G. U. Yule published a landmark paper in Nature in 1922 called "Some Statistics of Evolution and Geographical Distribution in Plants and Animals, and Their Significance." Willis and Yule noted the presence in biology of the so-called power laws, attractable versions of the scalable randomness that I discussed in Chapter 3. These power laws (on which more technical information in the following chapters) had been noticed earlier by Vilfredo Pareto, who found that they applied to the distribution of income. (p. 219)

e ancora più oltre:

Have you ever heard of the 80/20 rule? It is the common signature of a power law—actually it is how it all started, when Vilfredo Pareto made the observation that 80 percent of the land in Italy was owned by 20 percent of the people. Some use the rule to imply that 80 percent of the work is done by 20 percent of the people. Or that 80 percent worth of effort contributes to only 20 percent of results, and vice versa. (p. 235)

E paradossalmente il determinismo di Pareto va a sfociare nella causalità frattale dove apparenti distribuzioni stocastiche trovano le loro proprie “regolarità geometriche”.

Now, why am I calling this business Mandelbrotian, or fractal, randomness? Every single bit and piece of the puzzle has been previously mentioned by someone else, such as Pareto, Yule, and Zipf, but it was Mandelbrot who a) connected the dots, b) linked randomness to geometry (and a special brand at that), and c) took the subject to its natural conclusion. (p. 256)

Nata in Italia, la teoria della econometria, trovò intorno a un gruppo di studiosi un punto di accumulazione di nuove idee sull’onda lunga del miracolo economico. Lo sviluppo degli studi sul futuro in Italia e in Europa, oggetto di ampie ricerche da parte di Eleonora Masini, è apparso in un articolo di sintesi sulla Rivista “AltroNovecento”.[7]

All'inizio degli anni 70 in Italia ci si accorse che esisteva una serie di studi che venivano chiamati "studi sul futuro " nei paesi di lingua anglosassone e "prospective " in quelli di lingua francese. Anche io feci la scoperta leggendo libri e testi in particolare di persone come Bertrand de Jouvenel , Robert Jungk e Johan Galtung. de Jouvenel, insieme ad altri in Francia, già dalla fine della seconda guerra mondiale ,aveva iniziato a creare una corrente di pensiero che si sarebbe raccolta più tardi, intorno al centro "Futuribles" e alla omonima rivista a partire dagli anni 60 agli anni 70. In questo ambito scrivono ed operano personaggi come Gaston Berger, che iniziò ad usare il termine "prospective" già negli anni 50 intendendo con questo guardare avanti non per sognare ma per agire. L'atteggiamento di "prospettive" per Berger aiuta a guardare alla realtà in mutamento nella sua complessità, nella sua mobilità, con tutti i rischi e le sorprese che tutto ciò comporta. Berger in questo modo ci introduce ad agire in un modo o in un altro secondo i nostri valori.
Il termine ed il concetto "Futuribles", per de Jouvenel, poneva l'accento sui diversi futuri possibili e probabili e sulla asserzione che l'unico spazio temporale su cui l'essere umano può agire é il futuro.
Tutto questo fervore di idee sul futuro era certo dato dalla necessità di costruire in Europa una società nuova dopo la distruzione della seconda guerra mondiale, ma al tempo stesso mostrava la vitalità del pensiero europeo. Tale pensiero in Francia non rimaneva però chiuso, in quel periodo, nel mondo accademico, ma influiva su quello politico e così troviamo che molti ministeri hanno una "Unité de Prospective", che il direttore dell'Electricité di France era un grande manager ma anche un prospettivista, Pierre Massé. Egli già negli anni sessanta si pone per il futuro una serie di problemi come l'addensamento demografico, la polarizzazione dello sviluppo industriale e soprattutto la necessità di inquadrare la programmazione economica, di breve termine, in quella politica e tecnologica di lungo termine, cioè almeno 20 anni. Si tratta certo di una grande lungimiranza vista a distanza di quaranta anni ma una novità ancora inascoltata oggi in quasi tutti i paesi del mondo.

Dalla Francia l’interesse per il futuro presto si spostò in Italia dove il terreno di frontiera tra le scienze dure e le scienze umane era stato tracciato dalla Rivista “Civiltà delle Macchine” fondata nel 1953 da Giuseppe Eugenio Luraghi e Leonardo Sinisgalli.
Sulla linea di Bertrand de Jouvenel[8], Pietro Ferraro[9], manager e proprietario delle Cartiere del Timavo a Trieste fondò la Rivista “Futuribili” a cui parteciparono molti intellettuali di frontiera: Sergio Cotta, Valerio Tomini, Silvio Ceccato, Giorgio Nebbia. La rivista si chiuderà nel 1974 con la morte del suo fondatore. Ma ormai l’interesse per il futuro si sarebbe spostato sul Club di Roma e su Aurelio Peccei. Rimanendo ai primi anni ’70, continuava Eleonora Masini nella sua nota autobiografica:

Nello stesso periodo io mi ero avvicinata, come sociologa, al mondo degli studi sul futuro ed in particolare a quelli di indirizzo francese ed avevo iniziato un centro di studi di previsione sociale nell'ambito dell'IRADES (Istituto Ricerche Applicate Documentazione e Studi) che era stato creato da Don Pietro Pace quale Segretario Generale con la presidenza di Flaminio Piccoli. Si trattava certo di un istituto di indirizzo cattolico e democristiano le cui altre attività erano in ambito pastorale.

Il centro di previsione sociale costituì un'ampia biblioteca e documentazione, iniziò corsi ad alto livello e organizzò la terza grande conferenza mondiale di studi sul futuro nel 1973. A tale conferenza parteciparono tutti gli studiosi più conosciuti da de Jouvenel, a Fred Polak autore di immagini del futuro dall'Olanda, da Ossip Flechtheim autore di storia e futurologia e coniatore del termine futurologia, a Robert Jungk scrittore. Tutti questi autori erano europei. Dall'Italia é da notare la partecipazione di Pietro Ferraro, Bruno De Finetti, Aurelio Peccei, Giuseppe De Rita, Sabino Acquaviva, Achille Ardigò e Giorgio Nebbia. Da altri paesi John Mchale sociologo, Harold Linstone metodologo insieme a Yehzkel Dror .Ancora dall'Europa E.. inventore di piccolo é bello, Sam Cole della Sussex University e Ian Miles oggi all'avanguardia dei così detti "foresight studies"(si tratta dell'ultima metodologia a livello nazionale di studi previsionali) all'Università di Manchester

Per la prima volta personaggi che hanno influenzato il futuro dei paesi in via di sviluppo erano presenti. Lo stesso si può dire di persone dall'allora "oltre la cortina" come Igor Bestuzhev Lada, USSR, Ian Strezlezki dalla Polonia, Erzebet Novaki dall’Ungheria e molti altri. Bisogna ricordare aquesto proposito che si trattava del periodo di piena guerra fredda.
Questa conferenza ha avuto conseguenze in molti paesi dove gruppi sono stati creati ed ancora oggi se ne ricorda l'importanza in modi diversi.
Purtroppo nel 1975 l'IRADES venne chiusa in modo rapido e non giustificato ed io, che ero diventata, nel frattempo, segretario generale della appena nata World Futures Studies Federation (1973 presso l'UNESCO) mi trovai nella scomoda posizione di lasciare tutto il lavoro fatto ma anche di salvare l’indirizzario dei membri delle WFSF che appartenevano a vari paesi e che avrebbero potuto essere in pericolo se caduti in mani non adatte. Con l'aiuto di Aurelio Peccei portai via l'indirizzario ed aprii una casella postale, tuttora esistente avvertendo ogni membro della WFSF. Per vari anni mantenni la posizione di segretario generale sulle mie forze personali con l'aiuto morale dei presidenti, prima Johan Galtung, poi Mahdi Elmandjra; Finalmente nel 1980 la Svezia venne in aiuto assumendosi la segreteria generale con Goran Backstrand (poi diventato membro dedicato della Croce Rossa.). Tra il 1980 e il 1990 i segretari generali furono Jim Dator politologo delle Hawaii e il matematico Pentti Malaska della'Accademia delle Scienze Finlandesi. Nello stesso periodo mantenni la presidenza di questa unica organizzazione di professionisti della previsione provenienti da vari paesi.

Come sempre la storia non è lineare e la successione degli eventi segue diacronie così complesse che è difficile individuarne le cause e gli effetti.
Nel 1968, presso il Massachusetts Institute of Technology (MIT), in un contesto che sempre più vedeva lo sviluppo dei grossi elaboratori elettronici, Jay W. Forrester aveva sviluppato il programma DYNAMO con cui si potevano risolvere numericamente sistemi di equazioni differenziali. In particolare con questo programma si era incominciato a mettere a punto modelli in grado di rappresentare gli andamenti nel tempo di sistemi economici complessi, retti da equazioni non lineari, che difficilmente avrebbero potuto trovare una soluzione analitica. Nel 1970, il Club di Roma, che aveva raccolto un gruppo di intellettuali di tutti i Paesi individualmente preoccupati dalla crescente minaccia dell’esaurimento delle risorse, dell’inquinamento e della crescita incontrollata della popolazione mondiale invitò il System Dynamic Group del MIT, diretto da Dennis L. Meadows a intraprendere uno studio sulle dinamiche mondiali. Due anni più tardi ne uscì un “rapporto sui dilemmi dell’umanità” intitolato I limiti dello sviluppo.[10] Aurelio Peccei, direttore del Club di Roma ne scrisse la prefazione e il libro ebbe immediata ripercussione mondiale.

“La pubblicazione di questo libro coincide con un periodo di grandi manovre e di grandi incontri politici – scriveva Aurelio Peccei – […] la Terza Conferenza delle Nazioni Unite sugli Scambi e lo Sviluppo […] la Conferenza di Stoccolma sull’Uomo e il suo ambiente […] Da tutto ciò sorgono domande angosciate. Che cosa succede effettivamente in questo mondo piccolo, sempre più dominato da interdipendenze che ne fanno un sistema globale integrato dove l’uomo, la società, la tecnologia e la Natura si condizionano reciprocamente mediante rapporti sempre più vincolanti?”

da: I limiti dello sviluppo. Rapporto del Club di Roma, Milano : Mondadori, 1972

Dai grafici riportati nel Rapporto e in particolare da quello qui riportato emersero inquietanti proiezioni sul futuro di un Mondo in cui presto si sarebbero esaurite le risorse naturali, il prodotto industriale sarebbe crollato a partire dai primi anni del nuovo secolo. Sappiamo che le previsioni furono errate e infatti nel 2004 sono stati pubblicati i risultati di un nuovo studio con il titolo Limits to Growth: The 30-Year Update (tradotto e pubblicato in Italia nel 2006 col titolo I nuovi limiti dello sviluppo) che sulla base di una grande mole di nuovi dati aggiorna ma conferma i risultati precedenti: è necessaria una presa di coscienza riguardo ai limiti. Ciò nonostante non sono mancate le critiche in merito alla inaffidabilità dei modelli numerici, che pur sempre devono fare i conti con l’imprevedibilità dei sistemi caotici.
Ritornando invece agli anni ’70 del XX secolo si deve ricordare che dal 1975 Cesare Marchetti era entrato allo IAASA di Schloss Laxenburg, in Austria, nei pressi di Vienna, dove questo studioso sviluppò una personalissima analisi dei fenomeni economici misurabili, arrivando anche a toccare non senza ardimento alcuni settori della politica e della cultura. Con l’introduzione della variabile N / (1 – N), dove N esprime la percentuale di presenza di una certa grandezza fisica, incominciò ad esplorare i settori dei trasporti e dell’energia nei confronti dei quali disponeva di serie storiche negli ultimi due secoli. Ne sono emersi interessanti grafici le cui proiezioni ebbero un significativo impatto anche nelle cronache italiane.

In questo grafico le ordinate indicano come la percentuale di impatto di una certa tecnologia evolva nel tempo. I grafici realizzati lungo i due ultimi secoli dimostrano il declino dei trasporti lungo i canali, l’ascesa e il declino delle ferrovie. La crescita delle strade (e del relativo trasporto su gomma) e quella dei trasporti aerei fanno supporre della possibilità di una estrapolazione delle curve. Su questi semplici modelli si è fondata gran parte dell’attività ‘predittiva’ di Cesare Marchetti che si presentava in una lunga intervista, apparsa il 12 gennaio 1984 sul “Corriere dell’economia” con il titolo Come sapere tutto sul futuro con cinquant’anni d’anticipo.  Ma è facile fare previsioni ‘a posteriori’ e di fatto anche dagli studi compiuti allo IAASA sono emersi risultati importanti, ma di fatto poco utili a scopi pratici. E se nell’articolo citato si poteva leggere che si sarebbe potuta prevedere la crisi energetica, di fatto ciò non è avvenuto.


I cicli dei supporti tecnologici della musica in un’analisi di Cesare Marchietti

Al Santa Fe Institute, fondato nel 1984 da un gruppo di scienziati provenienti dal Los Alamos National Laboratory dove si studiano i sistemi complessi dalla fisica alla finanza, la sfida di predire il futuro è sempre di grande attualità. A seguito di un workshop tenutosi nell’agosto del 2016 con il titolo Prediction: How good can we get? Jenna Marshall, Manager of Communications, ha scritto[11]:

Scientists are getting better at predicting the future, but prediction remains an inherently difficult problem. Indeed, there’s good reason to believe we will eventually bump against some fundamental limits. What are those limits?
During a recent workshop at SFI, experts attempted to get a handle on this most fundamental of questions.
The question isn’t just about how well we can predict things today using current ideas and technologies, says SFI Omidyar Fellow Josh Grochow, who co-organized the workshop with SFI President David Krakauer.
“The idea is that there are limits to prediction – practical, theoretical, and fundamental – and we want to understand what goes into those,” Grochow says.
A classic example of where prediction faces fundamental challenges is in chaotic systems. By definition, the future of a chaotic system depends very sensitively on its initial conditions. Inherent limits on our ability to measure those starting points make prediction more difficult.
But even that is a fairly mild challenge compared to situations where evolution, adaptation, and innovation come into play. How, for example, would biologists predict the future evolution of species, where mutation and natural selection combine to produce...what, we don’t really know. Likewise, predicting the future of technology even five to ten years out is often little more than a guessing game.
The workshop was a first attempt to understand how much better we might be able to do. “We think that getting at the core issues of prediction in complex adaptive systems will benefit from and possibly require every tool in the tool chest we have for prediction, in every field,” he says. “So we want to bring people together, to see what those tools are, where they’re going, and how they might be combined to get a better understanding of the limits of prediction.”

La misura del future resta un problema aperto.



[1] A tale proposito si faccia riferimento al volume di Nicolaj Kondrat’ef, I cicli economici maggiori, a cura di Giorgio Gattei, Bologna : L. Cappelli, 1981,
[2] Fred Polak, The image of the future, (translated and abridged by Elise Boulding), Amsterdam : Elsevier, 1973, p. 151.
[3] Bertrand De Jouvenel, L’art de la conjecture. Futuribles, Monaco : Editions du Rocher, 1964 (trad it. L’arte della congettura, Firenze : Vallecchi, 1967).
[4] Pareto si è anche compiaciuto (nel Manuale di economia politica) di mettere in luce l'impossibilità pratica di risolverli, a causa del numero delle equazioni. Morgenstern fornisce una ragione migliore dedotta dalla scienza statistica. Cfr. Oskar Morgenstern, Experiment and Computation, in Economic Activity Analysis, op. cit., p. 491).
[5] Nel già citato articolo I problemi della sociologia apparso sulla "Rivista italiana di sociologia" nel marzo 1899,  Pareto aveva scritto che paragonando“il trattatello detto oìxonomikon, che va sotto il nome di Aristotele, col trattato di economia politica di Adamo Smith o meglio ancora con quello del Walras; il progresso è immenso, ed eguale a quello che si osserva tra la meccanica degli antichi e la meccanica dei moderni.
[6] Oskar Morgenstern, loc. cit.
[7] Eleonora Masini, Interrogare il futuro. Gli studi sul futuro in Italia e d Europa, “AltroNovecento”, n.2 (marzo 2000).
[8] Giorgio Nebbia, Bertrand de Jouvenel (1903-1987), “Altronovecento”, n.1, novembre 1999.
[9] Giorgio Nebbia, Pietro Ferraro (1908-1974), “Altronovecento”, n.13, dicembre 2008.
[10] Donella H. Meadows et al, I limiti dello sviluppo. Rapporto del System Dynamics Group Massachusetts Institute of Technology per il progetto del Club di Roma sui dilemmi dell’umanità, Milano : Mondadori EST, 1972.
[11] https://www.santafe.edu/news-center/news/prediction-how-good-can-we-get

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