Onde e diagrammi: i poteri divinatori
della matematica
Come ha ben
puntualizzato Alexandre Koyré, la scienza moderna si fonda sull’esperimento e
sulla misura. Il passaggio “dal mondo del pressappoco all’universo della
precisione” si fonda proprio sulla potenza oggettiva dei numeri. Di tutto ciò
si è già visto come Vilfredo Pareto abbia organizzato il suo Manuale di economia politica, e anche se
altri sono stati gli sviluppi, la scienza economica, dal secolo XIX è stata
presto contaminata da una ossessione divinatoria, spesso mascherata da una
semplice analisi storica quantitativa. La storia quantitativa fa tutti gli
sforzi possibili per diventare una scienza esatta e in questo senso la figura
di Nicolaj Dimitrievich Kondrat’ef (4 marzo 1892 – 17 settembre 1938) assume un
ruolo di protagonista. Così scriverà dal carcere alla figlia Elena nel 1934:
“Tutta
la mia vita l’ho vissuta nel futuro. Tutta la mia vita ho cercato di passare
attraverso la fitta recinzione del giorno quotidiano in modo che senza
intenzione spostavo tutta la mia attenzione al futuro. Il presente mi sembrava
sempre non autentico. Autentico per me era solo il futuro quando la recinzione
sarebbe stata finalmente scavalcata e sarebbe stato possibile dedicarmi con
tutte le mie forze all’autentico coinvolgente lavoro scientifico e tutta la mia
attenzione d’animo solo a te…
Kondrat’ef nato da
una famiglia di umili origini divenne presto membro del Partito Socialista
Rivoluzionario, e dopo la rivoluzione del 1917 si dedicò all'attività di
ricerca. Nel 1919 divenne professore di economia nell'Accademia di Agricoltura
e nell'ottobre del 1920 fondò a Mosca l'Istituto di Congiuntura. Dopo aver
pubblicato nel 1922 The World Economy and
its Conjunctures During and After the War (Mirovoye khozyaystvo i yego
kon"yunktury vo vremya i posle voyny) nel 1924, anno in cui viaggiò in
occidente soggiornando negli Stati Uniti d’America e in Canada, divenne famoso
per il suo saggio On the Notion of
Economic Statics, Dynamics and Fluctuations, seguito l’anno seguente da The Major Economic Cycles, in cui
presentava le sue considerazioni sui cicli economici. Teorico della Nuova politica economica (NEP) fu il
principale sostenitore di uno sviluppo economico fondato sull’agricoltura a
dispetto dell’industria pesante. Quando nel 1927 la NEP fu accantonata anche
Kondrat’ef cadde in disgrazia e, rimosso dall’incarico, presto venne arrestato,
terminando così la sua prestigiosa carriera. I Cicli economici maggiori[1]
studiati e teorizzati da Kondrat’ef partono da un’analisi dell’andamento dei
salari nell’industria del cotone e nell’agricoltura in Inghilterra tra il 1790
e il 1910, che vengono presto rapportati con la produzione del carbone in Inghilterra
e del consumo del carbone in Francia. Da queste considerazioni ne segue la
teoria delle “onde di Kondrat’ef” ovvero di cicli lunghi della durata di 50-70
anni tipici del moderno mondo economico capitalistico. Essi sono costituiti da
una fase ascendente corrispondenti a una crescita economica specializzata a cui
fa seguito una fase di depressione dei mercati.
Nella sua opera
sui Cicli economici (1939), Joseph
Schumpeter tenterà di individuare nella storia economica le diverse fasi dei
cicli di Kitchin, Juglar e Kondrat’ev.
«Le storie delle “crisi” e le dettagliate descrizioni di
crisi individuali sono state descritte sin dagli inizi del diciannovesimo
secolo. Quella letteratura è più ricca di quanto appare a prima vista perché
include tutte le descrizioni degli aspetti particolari come quelli descritti da
vari punti di vista. Molti di questi intendono analizzare il meccanismo
monetario e la speculazione»
Come possiamo
leggere alla voce “Futuro” nella Enciclopedia
delle scienze sociali dell’Istituto della Enciclopedia Italiana, Wendell
Bell afferma che “la futurologia moderna si può far risalire agli anni sessanta
(del Novecento)”. In realtà gli econometristi nel tracciare sin dall’inizio del
secolo i loro “cicli economici” non si sono mai arrogati il ruolo di futurologi,
anche se la loro aspirazione nascosta inevitabilmente era quella di poter
trovare uno strumento per poter governare il futuro. Ma allora mancavano gli
strumenti e tra essi in primis il computer. Registrare lunghe
serie di dati e tracciare grafici e curve sulla carta millimetrata non
permetteva di andare oltre alle estrapolazioni di regressioni lineari o di
ricerche di asintoti, e i risultati erano sempre stati confermati (se c’erano) ex post. Ora le cose stavano cambiando e
la pubblicazione del saggio di Fred Polak, Die
Toekomst Is Verleden Tijd (letteralmente Il futuro è il tempo passato), pubblicato a Utrecht nel 1955, e
tradotto in inglese nel 1961, costituì una pietra miliare segnando, con il
concetto della “immagine del futuro”, la strada a numerose ricerche sui confine
di storia, economia, antropologia e sociologia.
History now entered a new
dialectic phase which harmonized essence-optimism and influence-optimism in a
new way. Ironically enough, this new phase was involuntarily inaugurated by
Rathenau in the shape of a reaction to his ideas. It nevertheless continued a
line of development started before his time and continued in opposition to him,
represented by such people as Machiavelli, Fichte, Hegel, Joseph de Gobineau,
Nietzsche, Spengler, Ludwig Klages, Albert Sorel, Vilfredo Pareto, and Lenin.
The interest no longer focused on human progress, nor on the biological-cosmic
évolution of a superior type of man. The interest had narrowed to the sélection
and promotion of one racial type to a position of world domination.[2]
La nascita
ufficiale della futurologia “scientifica” si attesta invero con il saggio di
Bertrand De Jouvenel, L’art de la
conjecture. Futuribles, apparso a Monaco nel 1964.
L'uso di riunire degli esperti e di investigare il futuro è
entrato ormai nelle nostre abitudini, l problemi che si pongono sono i
seguenti: fra dieci, quindici, venticinque anni (o addirittura alla fine del
secolo) quale sarà la popolazione del nostro paese o della terra? Quale parte
avranno le varie classi di età, le diverse regioni, gli agglomerati urbani? ha
produzione aumenterà in proporzione? dovrà modificare composizione e impieghi?
Di quanto crescerà il consumo d'energia? e sotto quali forme? Quanto alle
materie prime, da dove si ricaveranno le risorse naturali? Quali saranno le
conseguenze in campo commerciale?[3]
E quando poco
oltre si arriva ai progenitori dell’econometria ecco che si legge, ripreso dal
Morgenstern[4], che “i sistemi di equazioni di Walras o
di Pareto non erano per niente destinati ad essere risolti: essi avevano una
funzione illustrativa e non pratica.”[5]
Sempre prendendo a prestito le considerazioni di Oskar Morgenstern così
Bertrand de Jouvenel scriveva:
Così, in una scienza del concreto, la teoria, nella sua forma
più raffinata, appariva per sempre incapace di applicazioni concrete. Ci si
stupisce che non vi siano stati né profonda insoddisfazione per una tale
situazione senza una via d'uscita, né (per lungo tempo) tentativi di aggregare
le variabili e le equazioni per passare a un modello meno raffinato che però
fosse utilizzabile. Gli autori sembravano paghi di aver fornito una descrizione
astratta del mondo economico e non curarsi delle applicazioni. Se formulavano
delle raccomandazioni, esse erano essenzialmente affermazioni di principi
fondamentali senza un necessario legame con il modello. In nessun caso queste
raccomandazioni risultavano da un'applicazione del modello a una situazione
concreta che, attraverso l'introduzione di dati particolari, conducesse a
valutazioni conseguenti. [6]
(ed.it. p. 238)
A conclusione del
suo libro il de Jouvenel ritornava a parlare esplicitamente di Vilfredo Pareto,
evolvendone le idde attraverso gli studi di Zipf e soprattutto di Benoit
Mandelbrot, il padre della teoria dei frattali.
Nel 1897, Pareto ha dimostrato che, in fatto di redditi, si
incontra una distribuzione particolare, da allora chiamata « paretiana » Molto
più recentemente, Zipf ha raccolto una serie straordinaria di distribuzioni
paretiane, attingendole dai campi più diversi: alcune tesi azzardate ed alcune
balordaggini di questo pensatore bizzarro hanno ritardato l'accettazione delle
sue teorie. Ma Benoìt Mandelbrot ha ripreso le sue ricerche con ben altro
rigore " e, in una memoria recente, fornisce notevoli chiarimenti sul modo
di formazione di una distribuzione paretiana''. I diversi modelli di
distribuzione studiati sono stati recentemente riesaminati uno per uno. A
questo riguardo è indiscutibilmente importante il ruolo che svolge la
simulazione, con la quale si possono formare delle distribuzioni servendosi di
ipotesi sui vari processi, ipotesi che basta affidare ad un calcolatore per
conoscere cosa ne discenderà, come è stato fatto in un esperimento riguardante
le dimensioni relative delle imprese. (ed. it. pp. 382-383)
Nel suo famoso saggio The Black Swan (New York : Random House,
2007) , anche Nassim Nicholas Taleb ricorderà più volte Pareto:
The
scientists J . C. Willis and G. U. Yule published a landmark paper in Nature in
1922 called "Some Statistics of Evolution and Geographical Distribution in
Plants and Animals, and Their Significance." Willis and Yule noted the
presence in biology of the so-called power laws, attractable versions of the
scalable randomness that I discussed in Chapter 3. These power laws (on which more technical information in the following
chapters) had been noticed earlier by Vilfredo Pareto, who found that they
applied to the distribution of income. (p. 219)
e ancora più oltre:
Have you ever heard of
the 80/20 rule? It is the common signature of a power law—actually it is how it
all started, when Vilfredo Pareto made the observation that 80 percent of the
land in Italy was owned by 20 percent of the people. Some use the rule to imply
that 80 percent of the work is done by 20 percent of the people. Or that 80
percent worth of effort contributes to only 20 percent of results, and vice
versa. (p.
235)
E paradossalmente
il determinismo di Pareto va a sfociare nella causalità frattale dove apparenti
distribuzioni stocastiche trovano le loro proprie “regolarità geometriche”.
Now, why am I calling
this business Mandelbrotian, or fractal, randomness? Every single bit and piece
of the puzzle has been previously mentioned by someone else, such as Pareto,
Yule, and Zipf, but it was Mandelbrot who a) connected the dots, b) linked
randomness to geometry (and a special brand at that), and c) took the subject
to its natural conclusion. (p. 256)
Nata in Italia, la
teoria della econometria, trovò intorno a un gruppo di studiosi un punto di
accumulazione di nuove idee sull’onda lunga del miracolo economico. Lo sviluppo
degli studi sul futuro in Italia e in Europa, oggetto di ampie ricerche da
parte di Eleonora Masini, è apparso in un articolo di sintesi sulla Rivista
“AltroNovecento”.[7]
All'inizio degli anni 70 in Italia ci si accorse che esisteva
una serie di studi che venivano chiamati "studi sul futuro " nei
paesi di lingua anglosassone e "prospective " in quelli di lingua
francese. Anche io feci la scoperta leggendo libri e testi in particolare di
persone come Bertrand de Jouvenel , Robert Jungk e Johan Galtung. de Jouvenel,
insieme ad altri in Francia, già dalla fine della seconda guerra mondiale
,aveva iniziato a creare una corrente di pensiero che si sarebbe raccolta più
tardi, intorno al centro "Futuribles" e alla omonima rivista a
partire dagli anni 60 agli anni 70. In questo ambito scrivono ed operano
personaggi come Gaston Berger, che iniziò ad usare il termine "prospective"
già negli anni 50 intendendo con questo guardare avanti non per sognare ma per
agire. L'atteggiamento di "prospettive" per Berger aiuta a guardare
alla realtà in mutamento nella sua complessità, nella sua mobilità, con tutti i
rischi e le sorprese che tutto ciò comporta. Berger in questo modo ci introduce
ad agire in un modo o in un altro secondo i nostri valori.
Il termine ed il concetto "Futuribles", per de
Jouvenel, poneva l'accento sui diversi futuri possibili e probabili e sulla
asserzione che l'unico spazio temporale su cui l'essere umano può agire é il
futuro.
Tutto questo fervore di idee sul futuro era certo dato dalla
necessità di costruire in Europa una società nuova dopo la distruzione della
seconda guerra mondiale, ma al tempo stesso mostrava la vitalità del pensiero
europeo. Tale pensiero in Francia non rimaneva però chiuso, in quel periodo,
nel mondo accademico, ma influiva su quello politico e così troviamo che molti
ministeri hanno una "Unité de Prospective", che il direttore
dell'Electricité di France era un grande manager ma anche un prospettivista,
Pierre Massé. Egli già negli anni sessanta si pone per il futuro una serie di
problemi come l'addensamento demografico, la polarizzazione dello sviluppo
industriale e soprattutto la necessità di inquadrare la programmazione
economica, di breve termine, in quella politica e tecnologica di lungo termine,
cioè almeno 20 anni. Si tratta certo di una grande lungimiranza vista a
distanza di quaranta anni ma una novità ancora inascoltata oggi in quasi tutti
i paesi del mondo.
Dalla Francia
l’interesse per il futuro presto si spostò in Italia dove il terreno di
frontiera tra le scienze dure e le scienze umane era stato tracciato dalla
Rivista “Civiltà delle Macchine” fondata nel 1953 da Giuseppe Eugenio Luraghi e
Leonardo Sinisgalli.
Sulla linea di
Bertrand de Jouvenel[8],
Pietro Ferraro[9],
manager e proprietario delle Cartiere del Timavo a Trieste fondò la Rivista
“Futuribili” a cui parteciparono molti intellettuali di frontiera: Sergio
Cotta, Valerio Tomini, Silvio Ceccato, Giorgio Nebbia. La rivista si chiuderà
nel 1974 con la morte del suo fondatore. Ma ormai l’interesse per il futuro si sarebbe
spostato sul Club di Roma e su Aurelio Peccei. Rimanendo ai primi anni ’70, continuava
Eleonora Masini nella sua nota autobiografica:
Nello stesso periodo io mi ero avvicinata, come sociologa, al
mondo degli studi sul futuro ed in particolare a quelli di indirizzo francese
ed avevo iniziato un centro di studi di previsione sociale nell'ambito
dell'IRADES (Istituto Ricerche Applicate Documentazione e Studi) che era stato
creato da Don Pietro Pace quale Segretario Generale con la presidenza di
Flaminio Piccoli. Si trattava certo di un istituto di indirizzo cattolico e
democristiano le cui altre attività erano in ambito pastorale.
Il centro di
previsione sociale costituì un'ampia biblioteca e documentazione, iniziò corsi
ad alto livello e organizzò la terza grande conferenza mondiale di studi sul
futuro nel 1973. A tale conferenza parteciparono tutti gli studiosi più
conosciuti da de Jouvenel, a Fred Polak autore di immagini del futuro dall'Olanda,
da Ossip Flechtheim autore di storia e futurologia e coniatore del termine
futurologia, a Robert Jungk scrittore. Tutti questi autori erano europei.
Dall'Italia é da notare la partecipazione di Pietro Ferraro, Bruno De Finetti,
Aurelio Peccei, Giuseppe De Rita, Sabino Acquaviva, Achille Ardigò e Giorgio
Nebbia. Da altri paesi John Mchale sociologo, Harold Linstone metodologo
insieme a Yehzkel Dror .Ancora dall'Europa E.. inventore di piccolo é bello,
Sam Cole della Sussex University e Ian Miles oggi all'avanguardia dei così
detti "foresight studies"(si tratta dell'ultima metodologia a livello
nazionale di studi previsionali) all'Università di Manchester
Per la prima volta personaggi che hanno influenzato il futuro
dei paesi in via di sviluppo erano presenti. Lo stesso si può dire di persone
dall'allora "oltre la cortina" come Igor Bestuzhev Lada, USSR, Ian
Strezlezki dalla Polonia, Erzebet Novaki dall’Ungheria e molti altri. Bisogna
ricordare aquesto proposito che si trattava del periodo di piena guerra fredda.
Questa conferenza ha avuto conseguenze in molti paesi dove
gruppi sono stati creati ed ancora oggi se ne ricorda l'importanza in modi
diversi.
Purtroppo nel 1975 l'IRADES venne chiusa in modo rapido e non
giustificato ed io, che ero diventata, nel frattempo, segretario generale della
appena nata World Futures Studies Federation (1973 presso l'UNESCO) mi trovai
nella scomoda posizione di lasciare tutto il lavoro fatto ma anche di salvare l’indirizzario
dei membri delle WFSF che appartenevano a vari paesi e che avrebbero potuto
essere in pericolo se caduti in mani non adatte. Con l'aiuto di Aurelio Peccei
portai via l'indirizzario ed aprii una casella postale, tuttora esistente
avvertendo ogni membro della WFSF. Per vari anni mantenni la posizione di
segretario generale sulle mie forze personali con l'aiuto morale dei
presidenti, prima Johan Galtung, poi Mahdi Elmandjra; Finalmente nel 1980 la
Svezia venne in aiuto assumendosi la segreteria generale con Goran Backstrand
(poi diventato membro dedicato della Croce Rossa.). Tra il 1980 e il 1990 i
segretari generali furono Jim Dator politologo delle Hawaii e il matematico
Pentti Malaska della'Accademia delle Scienze Finlandesi. Nello stesso periodo
mantenni la presidenza di questa unica organizzazione di professionisti della
previsione provenienti da vari paesi.
Come sempre la
storia non è lineare e la successione degli eventi segue diacronie così
complesse che è difficile individuarne le cause e gli effetti.
Nel 1968, presso
il Massachusetts Institute of Technology (MIT), in un contesto che sempre più
vedeva lo sviluppo dei grossi elaboratori elettronici, Jay W. Forrester aveva
sviluppato il programma DYNAMO con cui si potevano risolvere numericamente
sistemi di equazioni differenziali. In particolare con questo programma si era
incominciato a mettere a punto modelli in grado di rappresentare gli andamenti
nel tempo di sistemi economici complessi, retti da equazioni non lineari, che
difficilmente avrebbero potuto trovare una soluzione analitica. Nel 1970, il Club
di Roma, che aveva raccolto un gruppo di intellettuali di tutti i Paesi
individualmente preoccupati dalla crescente minaccia dell’esaurimento delle
risorse, dell’inquinamento e della crescita incontrollata della popolazione
mondiale invitò il System Dynamic Group del MIT, diretto da Dennis L. Meadows a
intraprendere uno studio sulle dinamiche mondiali. Due anni più tardi ne uscì
un “rapporto sui dilemmi dell’umanità” intitolato I limiti dello sviluppo.[10]
Aurelio Peccei, direttore del Club di Roma ne scrisse la prefazione e il libro
ebbe immediata ripercussione mondiale.
“La pubblicazione di questo libro coincide con un periodo di
grandi manovre e di grandi incontri politici – scriveva Aurelio Peccei – […] la
Terza Conferenza delle Nazioni Unite sugli Scambi e lo Sviluppo […] la
Conferenza di Stoccolma sull’Uomo e il suo ambiente […] Da tutto ciò sorgono
domande angosciate. Che cosa succede effettivamente in questo mondo piccolo,
sempre più dominato da interdipendenze che ne fanno un sistema globale
integrato dove l’uomo, la società, la tecnologia e la Natura si condizionano
reciprocamente mediante rapporti sempre più vincolanti?”
da: I limiti dello
sviluppo. Rapporto del Club di Roma, Milano : Mondadori, 1972
Dai grafici
riportati nel Rapporto e in
particolare da quello qui riportato emersero inquietanti proiezioni sul futuro
di un Mondo in cui presto si sarebbero esaurite le risorse naturali, il
prodotto industriale sarebbe crollato a partire dai primi anni del nuovo
secolo. Sappiamo che le previsioni furono errate e infatti nel 2004 sono stati
pubblicati i risultati di un nuovo studio con il titolo Limits to Growth: The 30-Year Update (tradotto e pubblicato in
Italia nel 2006 col titolo I nuovi limiti
dello sviluppo) che sulla base di una grande mole di nuovi dati aggiorna ma
conferma i risultati precedenti: è necessaria una presa di coscienza riguardo
ai limiti. Ciò nonostante non sono mancate le critiche in merito alla
inaffidabilità dei modelli numerici, che pur sempre devono fare i conti con
l’imprevedibilità dei sistemi caotici.
Ritornando invece
agli anni ’70 del XX secolo si deve ricordare che dal 1975 Cesare Marchetti era
entrato allo IAASA di Schloss Laxenburg, in Austria, nei pressi di Vienna, dove
questo studioso sviluppò una personalissima analisi dei fenomeni economici
misurabili, arrivando anche a toccare non senza ardimento alcuni settori della
politica e della cultura. Con l’introduzione della variabile N / (1 – N), dove
N esprime la percentuale di presenza di una certa grandezza fisica, incominciò
ad esplorare i settori dei trasporti e dell’energia nei confronti dei quali
disponeva di serie storiche negli ultimi due secoli. Ne sono emersi
interessanti grafici le cui proiezioni ebbero un significativo impatto anche
nelle cronache italiane.
In questo grafico
le ordinate indicano come la percentuale di impatto di una certa tecnologia
evolva nel tempo. I grafici realizzati lungo i due ultimi secoli dimostrano il
declino dei trasporti lungo i canali, l’ascesa e il declino delle ferrovie. La
crescita delle strade (e del relativo trasporto su gomma) e quella dei
trasporti aerei fanno supporre della possibilità di una estrapolazione delle
curve. Su questi semplici modelli si è fondata gran parte dell’attività
‘predittiva’ di Cesare Marchetti che si presentava in una lunga intervista,
apparsa il 12 gennaio 1984 sul “Corriere dell’economia” con il titolo Come sapere tutto sul futuro con
cinquant’anni d’anticipo. Ma è
facile fare previsioni ‘a posteriori’ e di fatto anche dagli studi compiuti
allo IAASA sono emersi risultati importanti, ma di fatto poco utili a scopi
pratici. E se nell’articolo citato si poteva leggere che si sarebbe potuta
prevedere la crisi energetica, di fatto ciò non è avvenuto.
Al Santa Fe
Institute, fondato nel 1984 da un gruppo di scienziati provenienti dal Los
Alamos National Laboratory dove si studiano i sistemi complessi dalla fisica
alla finanza, la sfida di predire il futuro è sempre di grande attualità. A
seguito di un workshop tenutosi nell’agosto del 2016 con il titolo Prediction: How good can we get? Jenna
Marshall, Manager of Communications, ha scritto[11]:
Scientists are getting
better at predicting the future, but prediction remains an inherently difficult
problem. Indeed, there’s good reason to believe we will eventually bump against
some fundamental limits. What are those limits?
During a recent workshop
at SFI, experts attempted to get a handle on this most fundamental of
questions.
The question isn’t just
about how well we can predict things today using current ideas and
technologies, says SFI Omidyar Fellow Josh Grochow, who co-organized the
workshop with SFI President David Krakauer.
“The idea is that there
are limits to prediction – practical, theoretical, and fundamental – and we
want to understand what goes into those,” Grochow says.
A classic example of
where prediction faces fundamental challenges is in chaotic systems. By
definition, the future of a chaotic system depends very sensitively on its
initial conditions. Inherent limits on our ability to measure those starting
points make prediction more difficult.
But even that is a fairly
mild challenge compared to situations where evolution, adaptation, and
innovation come into play. How, for example, would biologists predict the
future evolution of species, where mutation and natural selection combine to
produce...what, we don’t really know. Likewise, predicting the future of
technology even five to ten years out is often little more than a guessing
game.
The workshop was a first
attempt to understand how much better we might be able to do. “We think that
getting at the core issues of prediction in complex adaptive systems will
benefit from and possibly require every tool in the tool chest we have for
prediction, in every field,” he says. “So we want to bring people together, to
see what those tools are, where they’re going, and how they might be combined
to get a better understanding of the limits of prediction.”
La
misura del future resta un problema aperto.
[1] A tale proposito si
faccia riferimento al volume di Nicolaj Kondrat’ef, I cicli economici maggiori, a cura di Giorgio Gattei, Bologna : L.
Cappelli, 1981,
[2] Fred Polak, The image of the
future, (translated and abridged by Elise Boulding), Amsterdam : Elsevier,
1973, p. 151.
[3] Bertrand De Jouvenel, L’art de la
conjecture. Futuribles, Monaco : Editions du Rocher, 1964 (trad it. L’arte della congettura, Firenze : Vallecchi, 1967).
[4] Pareto si è anche
compiaciuto (nel Manuale di economia
politica) di mettere in luce l'impossibilità pratica di risolverli, a causa
del numero delle equazioni. Morgenstern fornisce una ragione migliore dedotta
dalla scienza statistica. Cfr. Oskar Morgenstern, Experiment and Computation, in Economic Activity Analysis, op.
cit., p. 491).
[5] Nel già citato articolo I problemi della sociologia apparso
sulla "Rivista italiana di sociologia" nel marzo 1899, Pareto aveva scritto che paragonando“il
trattatello detto oìxonomikon, che va
sotto il nome di Aristotele, col trattato di economia politica di Adamo Smith o
meglio ancora con quello del Walras; il progresso è immenso, ed eguale a quello
che si osserva tra la meccanica degli antichi e la meccanica dei moderni.
[6] Oskar Morgenstern, loc.
cit.
[7] Eleonora Masini, Interrogare il futuro. Gli studi sul futuro
in Italia e d Europa, “AltroNovecento”, n.2 (marzo 2000).
[8] Giorgio Nebbia, Bertrand de Jouvenel (1903-1987),
“Altronovecento”, n.1, novembre 1999.
[9] Giorgio Nebbia, Pietro Ferraro (1908-1974),
“Altronovecento”, n.13, dicembre 2008.
[10] Donella H. Meadows et al, I limiti dello sviluppo. Rapporto del
System Dynamics Group Massachusetts Institute of Technology per il progetto
del Club di Roma sui dilemmi dell’umanità, Milano : Mondadori EST,
1972.
[11]
https://www.santafe.edu/news-center/news/prediction-how-good-can-we-get
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