Dall’economia alla sociologia
Quando
nel 1899 Vilfredo Pareto scriveva sulla "Rivista italiana di
sociologia" un articolo intitolato I
problemi della sociologia[1]
già aveva in mente a quale destinazione avrebbero portato le sue ricerche.
Fare la critica di tali ricerche dicendo che
è inutile di occuparsi di ciò che non è reale, è cosa che non regge, perché il
non reale si studia appunto per scuoprire la proprietà del reale. Che se poi
alcuno soggiungesse che di quelle proprietà non si cura, altro non c'è da
rispondergli se non che vada pei fatti suoi e non faccia perdere tempo a chi
invece vuole conoscere il vero. Taccio di un altro genere di utilità di quelle
ricerche; e cioè del potere esse modificare le idee degli uomini e perciò fare che
il fenomeno reale, il quale è pure dipendente da quelle idee, si modifichi in
avvenire. […] È assurdo, per esempio, rimproverare alle teorie economiche di
non considerare la morale […] Ma sarebbe del pari assurdo il pretendere che le
teorie economiche bastino per farci conoscere i fenomeni concreti sociali. […]
L'economia politica pura corrisponde alla meccanica razionale; spinge pure
l'astrazione all'estremo, studia uno scheletro delle operazioni economiche; gli
uomini sono ridotti a semplici molecole edonistiche, come nella meccanica
razionale i corpi solidi sono ridotti a punti materiali. […] Per procedere
oltre si chiede aiuto ad altre scienze: all'etica, alla scienza delle
religioni, alla politica, ecc. E poiché pare utile di dare un nome alla scienza
che opera tale sintesi, si può, se non c'è nulla in contrario, chiamare
sociologia tale scienza; ed, estendendone il dominio, si può anche intendere
che tutte quelle altre scienze parziali sono rami della sociologia. La
sociologia, considerata in quel modo, ci appare ora come un albero che avrebbe
un ramo bene sviluppato: quello cioè dell'economia politica, e gli altri che
spuntano appena. L'economia politica è cresciuta rigogliosa, ha persino
recentemente dato una scienza pura che ha il rigore logico della meccanica
razionale. Le altre scienze sociali sono ben lungi da un tale grado di
perfezione.
Il
termine “divinazione” che con valenza assai critica compariva solamente tre
volte nel Manuale (e non poteva
essere altrimenti per un “puro ingegnere”) ora nel Trattato prende il sopravvento, perché la nuova tensione essenziale
guarda all’uomo e alle sue relazioni sociali. Ed è di questo Pareto che Filippo
Burzio si innamora.
Una forte, anzi crescente, accensione
fantastica ha contrassegnato la mia scoperta di Pareto. Amore difficile le cui
idee scientifiche – e, più la posizione etica – non sono comprese attualmente
che da ben poca gente, egli è, per contro, uno scrittore piacevolissimo. La
morgue scientifica, la pruderie accademica non allignano, certo, nelle sue
pagine.[2]
A
questo punto si entra in una nuova dimensione che sempre più si allontana dalla
ingegneria e si avvicina all’uomo. Ma in questo saggio, che rivolge le sue
attenzioni allo studio – e se possibile – alla misura e alla previsione del
futuro, l’indagine si focalizzerà su di essi, inevitabilmente più distanti dal
cuore centrale del Trattato, da cui
scaturirà la burziana teoria delle élite. Sono ora le teorie a interessare
Vilfredo Pareto nella sua ricerca di una chiave interpretativa del mondo.
Poiché nessuna teoria assolutamente
s’impone, preferiremo, tra le teorie che possiamo scegliere, quella che ha
minori divergenze coi fatti del passato e che meglio ci concede di prevedere i
fatti del futuro, e che inoltre si estende ad un maggior numero di fatti.
V. Pareto, Trattato di Sociologia Generale, 1916, 106.
Le scienze esatte,
che hanno costituito il nucleo centrale della Bildung universitaria di Pareto, continuano a essere un riferimento
assoluto in una visione del mondo deterministica e proprio queste “scienze
esatte” costituiscono lo strumento operativo per costruire un modello del
mondo.
Ad esempio, in astronomia, la teoria degli epicicli, che ora
taluni, mossi dal sentimento, procurano di riabilitare, soddisfa alla
condizione di figurare bene i fatti del passato, come ci sono noti.
Moltiplicando quanto occorre il numero degli epicicli, si può figurare ogni
movimento degli astri noto dall’osservazione, ma non si possono prevedere, o
almeno non egualmente bene prevedere i movimenti futuri, come colla teoria
della gravitazione.
V. Pareto, Trattato di
Sociologia Generale, 1916, 107.
Ora però le
scienze sociali manca ancora una conoscenza dei fenomeni tale da permettere una
modellazione matematica in grado da diventare lo strumento per la previsione
del “probabile”. E in questo senso, pur nella constatazione di essere lontani
da tale meta, al Pareto resta ancora la speranza che ciò possa avvenire in
futuro.
Perciò nessuno studio che miri a trovare qualche uniformità
nelle relazioni dei fatti sociali può dirsi inutile; può bene essere tale nel
presente, anche in un avvenire prossimo, ma non possiamo sapere se non verrà un
giorno in cui, congiunto ad altri, gioverà prevedere il probabile futuro dello
svolgimento sociale.
V.Pareto, Trattato di
Sociologia Generale, 1916, 140.
A
questo punto l’indagine si sposta sul piano antropologico dove la semplice
osservazione del presente mostra come “i
fatti dello spiritismo, della telepatia, della Christian Science, e di altri
simili” dimostrino “ quanto potere
abbiano ancora questi ed altri analoghi sentimenti.”[3] Infatti “nel Napoletano moltissimi
sono coloro che portano appeso alla catena dell’orologio un corno di corallo,
per sfuggire al malocchio. Un gran numero di giocatori hanno degli amuleti, o
fanno certi atti stimati adatti a procurare la vincita.”[4] La presenza
della cultura classica nelle considerazioni di Vilfredo Pareto prende allora il
sopravvento quando facendo riferimento alla previsione dei fenomeni
meteorologici che sembrano invece essere fenomeni più facilmente assogettabili
ad una modellazione fisica.
Seneca lungamente discorre delle cause dei fenomeni
meteorologici, e deride le magiche operazioni. Egli non ammette la previsione
del tempo, coll’osservazione, che per lui è solo una preparazione alle pratiche
che si usano per respingere il mal tempo. Dice che a Cleone vi sono ufficiali
pubblici detti osservatori della grandine. Tosto che essi indicavano
l’approssimarsi dell’uragano, gli abitanti correvano al tempio e sacrificavano
chi un agnello, chi un pollo; e le nubi andavano altrove. Chi nulla aveva da
sacrificare si pungeva il dito e versava un poco di sangue. “Si è cercata la
ragione di questo fenomeno. Altri, come conviene a savissimi uomini, negano
essere possibile che colla grandine si possa contrattare, e dalle tempeste
redimersi con piccoli doni, quantunque i doni anche gli dei vincano.
V.Pareto, Trattato di
Sociologia Generale, 1916, 194.
Riprendendo il
testo di Bouche Leclerc, Histoire de la
divination dans l’art, Vilfredo Pareto, con spirito positivista propone un
parallelo tra la divinazione e la religione[5]
e afferma che nell’antica Roma “l’importanza data alla semplice associazione
d’atti e d’idee spiega una delle regole più straordinarie della divinazione,
quella che dà all’auspicio inventato la stessa efficacia dell’auspicio
realmente osservato.”[6]
A questo punto in un successivo passaggio si torna al confronto tra economia
politica e sociologia, pur restando quest’ultima nelle più profonde attenzioni
dello studioso che sembra avere completamente al suo positivo destino
l’econometria per affrontare le strade di una “nuova scienza”.
Se l’economia politica è molto più progredita della
sociologia ciò dipende, in gran parte, dal fatto che essa studia azioni
logiche; e sarebbe stata sino da principio una scienza ottimamente costituita,
se non avesse trovato un grave ostacolo nel fatto che i fenomeni studiati erano
interdipendenti, mentre le premesse che si dedicavano a tale studio non erano
capaci di seguire l’unica via che ci sia nota per tenere conto della
interdipendenza. Fu tolto almeno in parte l’ostacolo accennato, quando si usò
la matematica per lo studio dei fenomeni economici, e venne per tal modo
costituita una scienza, cioè l’economia matematica, che può stare alla pari con
altre scienze naturali.
V.Pareto, Trattato di
Sociologia Generale, 1916, 263.
Se “già Cicerone
esprimeva l’opinione che le pratiche della divinazione erano state accettate
dagli antichi come fatti piuttosto che come conseguenze di ragionamenti (De divinatione I,3.4)”[7]
e così l’Azione non logica precede il
fatto mentre la “vernice logica” ne consegue solo dopo la constatazione del
fatto medesimo. E infatti, aggiunge sempre il Pareto “nello scritto di
Cicerone, De natura Deorum, il
pontefice Cotta disgiunge l’uomo di Stato, dal filosofo. Come pontefice, egli
protesta che difenderà ognora le credenze, il culto, le cerimonie e la
religione degli antenati, e che mai nessun discorso di scienziato o di
ignorante a lui farà mutare parere. E’ persuaso che Romolo cogli auspici, e Numa col culto, hanno fondato Roma.”[8]
Ma più avanti nel Trattato l’illusione di una conoscenza
totale dei fenomeni, che inevitabilmente trova le sue ragioni nelle ipotesi di
Pierre-Simon de Laplace, continua a farsi strada.
Con ciò si verrebbe a dire che tanto vale non occuparsi mai
di probabilità, ed operare in ogni caso alla cieca, andando a caso, perché
tutte le probabilità sono soggettive, e la distinzione che vorrebbe fare il
Bertrand regge solo come quantità maggiore o minore di conoscenze. […] I
movimenti di chi deve estrarre la pallottola (dall’urna) sono determinati come
quelli dei pianeti; la differenza sta solo in ciò che noi non sappiamo
calcolare i primi e sappiamo calcolare i secondi. La regolarità di certi
movimenti dipende dal numero e dal modo di operare delle forze; e ciò che
diciamo manifestazione del caso è la manifestazione di numerosi effetti che si
intrecciano. […] L’estrazione da un’urna può essere paragonata al primo
fenomeno cioè a quello osservato per la settima cifra dei logaritmi del Vega;
naturalmente per chi ha conoscenze assai estese di aritmetica, altrimenti chi
ignora ciò che siano quadrati e logaritmi, nulla può prevedere.
V.Pareto, Trattato di
Sociologia Generale, 1916, 558.
Perché mai a
questo punto Vilfredo Pareto chiama in causa il Galluppi con le sue
considerazioni intorno a profezie e miracoli? Come già in Cicerone, ancora nel
XX secolo l’idea di una scienza del futuro, in contrasto/equilibrio con una
religione positiva lascia aperti molti interrogativi e il “futuro” resta pur
sempre un concetto conteso tra fisica e meta-fisica.
Scrive il Galluppi nella sua Teologia naturale: […] (p.61) La profezia, in rigore, è un
miracolo; poiché è una conoscenza non naturale, ma al di là delle forze naturali
dello spirito umano. Ma la profezia può essere relativamente ad eventi molto
lontani, ed il profeta può non avere il dono dei miracoli. La profezia solo non
è dunque sempre sufficiente a provare la missione divina. Ma il miracolo con
cui un apostolo divino promette agli uomini di provare la sua missione divina è
sempre unito con una certa profezia.
V.Pareto, Trattato di
Sociologia Generale, 1916, 623.
Ma forse è bene
riportare in carreggiata il problema di una misura del futuro che
inevitabilmente si sposta dai fenomeni economici a quelli sociali, ben più
importanti per chi voglia avere una visione razionale del mondo. I fatti
dimostrano però le difficoltà che si incontrano nella applicazione di modelli
matematici alla scienze sociali e solamente in un caso Vilfredo Pareto ritorna nel
Trattato a far uso di quelle funzioni
che avevano occupato tanto posto nel Manuale.
Qui quasi sembra anticiparsi quella serie di teorie sui cicli economici che nel
Novecento occuperanno i lavori di molti econometristi, a partire da Nicolaj
Kondrat’ev, a cui si farà più a vanti riferimento.
724. Se vogliamo stare esclusivamente ai fatti, vedremo che
il fenomeno non ha una forma uniformemente crescente ab, o decrescente; ma che segue una linea pqrst, che è oscillante, che ora sale, ora discende. 725. Le
mitologie di Esiodo e di Omero sono certo meno astratte, meno sottili, che la
religione di Platone; la quale lo è anche più di quella del Vangelo e dei primi
Padri della Chiesa. Pare probabile che la Grecia antica, dopo un periodo
arcaico di incivilimento, ha avuto un medioevo seguito da un rinascimento e si
ha così un fenomeno analogo a quello che è seguito in Europa, dai tempi della
repubblica romana sino ai tempi nostri. […] 728. La teoria che pone la perfezione
al termine dell’evoluzione è generalmente congiunta ad un’altra, che spesso
abbiamo ricordata, e secondo la quale i selvaggi contemporanei sono molto
simili agli antenati preistorici dei popoli civili. Per tal modo si hanno due
punti fissi per determinare la linea dell’evoluzione, e prolungandola
sufficientemente, si ottiene – o si crede di ottenere – il limite al quale si
avvicinerà pel futuro
V.Pareto, Trattato di
Sociologia Generale, 1916, 724-25,728.
[1] Vilfredo Pareto, I problemi della sociologia,
"Rivista italiana di sociologia", marzo 1899, pp. 145-157.
[2] Filippo Burzio, Pareto e altri, in Scritti demiurgici, p. 228.
[3] V.Pareto, Trattato di Sociologia Generale, 1916,
184.
[4] V.Pareto, Trattato di Sociologia Generale, 1916,
185.
[5] V.Pareto, Trattato di Sociologia Generale, 1916,
224.
[6] V.Pareto, Trattato di Sociologia Generale, 1916,
263.
[7] V.Pareto, Trattato di Sociologia Generale, 1916,
296 nota.
[8] V.Pareto, Trattato di Sociologia Generale, 1916,
308.
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