mercoledì 22 aprile 2020

Ingegnerie della divinazione (4)


Una diversa cultura

Diverso invece dovrebbe essere l’atteggiamento, di chi affronta gli studi sul futuro, nei confronti di una cultura orientale dove l’equilibri dello Yin e dello Yang, del positivo e del negativo, sono in netto contrasto con l’etica, oseremmo dire manichea, della cultura occidentale. Per rimanere fuori dalla rivoluzione scientifica occidentale si rivolga l’attenzione all’I Ching il libro dei mutamenti.[1]
Scriveva John Blofeld nella sua ampia introduzione, che “gli autori del Libro della Mutazione non consideravano il futuro come inalterabile.”

Essi pensavano in termini di potenti sequenze di mutamento, in base a un corso regolare, con risultati pronosticabili, come il processo delle quattro stagioni, oppure come un fiume, che ora scorre in mezzo a gole strette, ora si fa strada battendosi fra le rocce, ora scorrendo calmo e lento: la sua acqua essendo destinata prima o poi a raggiungere il mare. Non erano fatalisti i quali insegnassero che gli uomini non hanno alcun controllo sul proprio destino. Un uomo che nuota con la corrente può, a ragione, scegliere la rotta. E anche se tenta di nuotare contro la corrente e in mezzo a vortici infidi la sua distruzione può essere promossa o procrastinata, entro certi limiti, dal suo stesso agire. [2]

Affascinato dalla potenza simbolica e al tempo stesso etica dell’ I Ching lo stesso Gustav Jung che ne aveva curato una edizione nel 1949, così scriveva:

Per capire in generale di che cosa tratti un simile libro è imperativo buttare a mare certi pregiudizi della mentalità occidentale. E' curioso che un popolo dotato e intelligente come i cinesi non abbia mai prodotto ciò che noi chiamiamo "scienza". La nostra "scienza", però, si basa sul principio di causalità, e la causalità è considerata verità assiomatica. Ma un grande cambiamento è ormai avviato. Gli assiomi della causalità sono scossi nelle loro fondamenta: ora sappiamo che quello che noi chiamiamo leggi di natura non sono altro che verità statistiche, costrette perciò ad ammettere delle eccezioni. Non abbiamo tenuto abbastanza conto del fatto che, per dimostrare la validità invariabile delle leggi di natura, abbiamo bisogno del laboratorio con le sue incisive restrizioni. Se lasciamo che la natura faccia da sè, vediamo un quadro ben differente: ogni processo subisce interferenze parziali o totali ad opera del caso, e in misura tale che in circostanze naturali un corso di eventi che si conformi in tutto e per tutto a leggi specifiche rappresenta quasi un'eccezione. La mentalità cinese, quale io la vedo all'opera nell'I Ching, sembra preoccuparsi esclusivamente dell'aspetto accidentale degli eventi. Ciò che noi chiamiamo coincidenza sembra essere la cosa della quale questa peculiare mentalità s'interessa principalmente, mentre ciò che noi adoriamo come causalità passa quasi inosservato. Dobbiamo ammettere che qualche cosa si possa dire in favore dell'immensa importanza del caso. Una quantità incalcolabile di sforzi umani è rivolta a combattere e limitare i danni o i rischi rappresentati dal caso. Spesso le considerazioni teoriche su causa ed effetto appaiono pallide e polverose a paragone degli effetti pratici del caso. […]

Proprio il rapporto tra causalità e casualità trova in questo trattato una prospettiva assolutamente diversa da quanto noi occidentali abbiamo ormai sedimentato negli statuti epistemologici della nostra civiltà. Jung, per molti aspetti un pensatore “irregolare” sullo scenario europeo, così continuava:

Il modo in cui l'I Ching tende a considerare la realtà implica un giudizio poco favorevole per i nostri procedimenti causalistici. L'istante che sta sotto osservazione appare all'antica visione cinese più come un colpo di fortuna che come il risultato ben definito di catene causali concorrenti. Ciò che interessa sembra essere la configurazione che gli eventi accidentali assumono al momento dell'osservazione, e niente affatto le ragioni ipotetiche che apparentemente rendono conto della coincidenza. Mentre la mentalità occidentale pone ogni cura nel vagliare, pesare, scegliere, classificare, isolare, l'immagine che il cinese si fa del momento racchiude ogni cosa fino al più minuto e assurdo particolare, perché l'istante osservato è il totale di tutti gli ingredienti. […]
Questa teoria implica un certo strano principio che io ho denominato sincronicità, un concetto che formula un punto di vista diametralmente opposto a quello della causalità. Quest'ultimo, essendo una verità meramente statistica e non assoluta, è una specie di ipotesi di lavoro sul modo in cui gli eventi evolvono l'uno dall'altro, mentre la sincronicità considera particolarmente importante la coincidenza degli eventi nello spazio e nel tempo, scorgendovi qualche cosa di più che il mero caso, e cioè una peculiare interdipendenza degli eventi oggettivi tra loro, come pure tra essi e le condizioni soggettive (psichiche) dell'osservatore o degli osservatori. […]

E alla fine delle sue considerazioni quasi chiedeva scusa al suo pubblico nell’affrontare “psicologicamente” questa visione del mondo così contrastante con la scienza occidentale, anche se proprio nella prima metà del Novecento la stessa scienza più avanzata poneva con la fisica quantistica i primi dubbi metodici sui concetti di tempo e di spazio, di causa ed effetto.

Devo confessare che durante la stesura della prefazione non mi ero sentito troppo a mio agio, giacché, per il mio senso di responsabilità verso la scienza, non ho l'abitudine di asserire qualcosa che non posso provare o almeno presentare come accettabile alla ragione. E' un compito ingrato, in verità tentare di presentare a un pubblico moderno e non privo di senso critico una raccolta di arcaiche "formule magiche" con l'idea di renderle piò o meno accettabili. Io mi sono accinto a questo compito perché ritengo che nel modo di pensare degli antichi cinesi vi sia ben più di quanto possa sembrare a prima vista. L'I Ching insiste continuamente sull'importanza di conoscere sè stessi. Il metodo con cui si dovrebbe arrivare a questa conoscenza si presta ad abusi d'ogni genere, e non è fatto, quindi, per le persone frivole e immature; come non è fatto per gli pseudointellettuali e i razionalisti. […]
E' chiaro che il metodo mira alla conoscenza di sè, sebbene attraverso i millenni sia stato anche messo al servizio della superstizione.
E' ovvio che io sono profondamente convinto del valore della conoscenza di sè; ma che senso ha raccomandare questa conoscenza quando i maggiori saggi di ogni tempo ne hanno predicato la necessità senza successo? Persino all'occhio più prevenuto è chiaro che questo libro rappresenta una sola, lunga esortazione a esaminare con cura il proprio carattere, il proprio comportamento e le proprie motivazioni. […]
Zurigo, 1949

E così in un mondo sempre più globalizzato dove i fenomeni entropici tendono a uniformizzare e ad appiattire le culture, le mistiche orientali rimangono forse indenni a presidiare nuovi spazi alle visioni del futuro.
Quando nel 1995 Tiziano Terzani racconterà i suoi viaggi per mare e per terra compiuti nel 1993, senza mai prendere un aereo, perché un indovino gli aveva previsto un grosso rischio se avesse volato, l’idea della divinazione (magica e irrazionale) arrivò ben oltre la schiera dei creduloni. Se da un lato il giornalista di “Der Spiegel” incominciò il suo cammino mistico nelle filosofie orientali, dall’altro non pochi interrogativi si riaprirono anche alla scienza ufficiale.
Ma poiché la nostra cultura rimane fortemente arroccata intorno all’occidente non possiamo fare a meno di ritornare sui nostri passi, inseguendo gli effetti della scienza nuova, delle istanze filosofiche dell’illuminismo e della centralità di un sapere positivo fondato sulle matematiche.


[1] Il Libro dei Mutamenti (Yìjīng, I Ching) conosciuto anche come Zhou Yi ovvero I Mutamenti (della dinastia) Zhou, è il primo dei testi classici cinesi. I Ching fu introdotto in Europa da Gottfried Wilhelm von Leibniz nella sua pubblicazione del 1697 Novissima sinica.
[2] I-Ching il libro della mutazione, a cura di John Blofeld, Milano : Mondadori, 1973, p. 63.

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