mercoledì 22 aprile 2020

Ingegnerie della divinazione (3)


Il fegato bronzeo etrusco rinvenuto da un contadino durante l'aratura il 26 settembre 1877 a Settima, frazione di Gossolengo nei pressi di Piacenza rappresenta una mappa del templum celeste, suddiviso in sedici costellazioni marginali e in ventiquattro regioni interne dedicate ad altrettante divinità. Veniva usato dagli aruspici che dall’esame del fegato ovino delle vittime sacrificali ne traevano auspici per il futuro.
Nella Antica Roma ingegneria e divinazione erano strettamente legate nella figura degli aruspici il cui pontifex maximus era anche il direttore dei lavori pubblici dell’urbe, colui che sovrintendeva alla costruzione dei ponti e le cui origini si facevano risalire alla erezione del Pons sublicius.. Donde il nome. Infatti le arcate dei ponti erano proprio tra le più importanti innovazioni costruttive del popolo latino. Questo strano connubio tra arte divinatoria e ingegneria, strano non è, perché sussiste, magari in maniera occulta, anche nel contemporaneo dove ogni opera di ingegneria è un progetto (dal latino pro-jicere, gettare avanti, lanciare i dadi) ossia una scommessa con il futuro. Era già noto agli Assiri come lo testimoniano gli studi di Mircea Eliade[1] e oltre.
Etrusca disciplina, l'arte divinatoria degli Etruschi - Studia Rapido
La divinazione aruspicina. Schema del fegato bronzeo di Piacenza (I-II secolo a.C.)

Scriveva nel 44 a.C. Marco Tullio Cicerone il suo De divinatione, un’opera filosofica destinata a smascherare l’arte divinatoria. [2]

LIBRO PRIMO. I - 1 È un'opinione antica, risalente ai tempi leggendari e corroborata dal consenso del popolo romano e di tutte le genti, che vi siano uomini dotati di una sorta di divinazione - chiamata dai greci mantiké -, cioè capaci di presentire il futuro e di acquisirne la conoscenza. Capacità magnifica e salutare, se davvero esiste, grazie alla quale la natura di noi mortali si avvicinerebbe il più possibile alla potenza degli dei! E come in altri casi noi romani ci esprimiamo molto meglio dei greci, così anche a questa straordinaria dote i nostri antenati dettero un nome tratto dalle divinità, mentre i greci, come spiega Platone, derivarono il nome corrispondente dalla follia.

E Cicerone, prima ancora di arrivare alle conclusioni, lasciava alle divinazioni una porta aperta che ancora per lunghi secoli rimarrà tale consacrando alla scienza degli astri un ruolo fondamentale nella cultura medievale e rinascimentale, dall’oriente all’occidente.

Deridiamo pure gli arùspici, chiamiamoli ciurmadori e sciocchi, spregiamo la loro dottrina che pur fu dimostrata vera da un uomo di somma sapienza e da ciò che in effetti gli accadde. Condanniamo anche i Babilonesi e coloro che, osservando gli astri dall'alto del Caucaso, coi loro calcoli indagano i movimenti delle stelle. Condanniamoli, dico, per stoltezza o leggerezza o malafede, essi che, per loro stessa dichiarazione, conservano le registrazioni scritte riguardanti 470.000 anni, e sentenziamo che mentiscono e non temono il giudizio che su di loro pronunceranno i secoli futuri. (37) Ma, si dirà, i barbari sono infidi e mentitori. È intessuta di menzogna anche la storia dei greci? Chi non sa - parlo della divinazione naturale - i responsi dati da Apollo delfico a Creso, e poi ancora agli ateniesi, agli spartani, ai tegeati, agli argivi, ai corinzi? Crisippo raccolse innumerevoli oracoli, ciascuno con copiose testimonianze e documenti. Poiché li conosci, non sto a enumerarli. Questa cosa sola voglio asserire: l'oracolo di Delfi non sarebbe mai stato così frequentato e così famoso, né arricchito di così splendidi doni di tutti i popoli e i re, se in ogni tempo non si fosse sperimentata la veridicità dei suoi responsi. (LIBRO PRIMO – XIX)

Solo al termine della sua allocuzione il filosofo e giurista romano giungeva alle sue conclusioni, da cui possiamo ancora oggi trarre l’insegnamento centrale

LIBRO SECONDO. […] - 149 Perciò, come bisogna addirittura adoprarsi per diffondere la religione che è connessa con la conoscenza della natura, così bisogna svellere tutte le radici della superstizione. Essa incalza e preme e, dovunque tu ti volga, ti perseguita, sia che tu abbia dato ascolto a un indovino, sia a un detto casuale, sia che abbia compiuto un sacrificio o abbia veduto un uccello, o abbia appena scòrto un caldeo, un arùspice, o abbia visto lampi o udito tuoni, o un luogo sia stato colpito dal fulmine, o sia nato o si sia prodotto qualcosa di simile a un prodigio. Qualcuno di questi eventi è inevitabile che spesso accada, cosicché non è mai possibile sostare con animo pacato.

La storia dell’umanità si svolge, secondo quanto afferma Michel Foucault nel suo libro Les mots et les choses (1963), da una episteme antica dominata dai criteri di “somiglianza” e “similitudine” alla episteme della scienza nuova caratterizzata dal principio della “rappresentazione”, dove la misura e l’ordine sono alla base di quella rivoluzione scientifica che Aleandre Koyré definirà nella transizione “dal mondo del pressappoco all’universo della precisione”. L’astrologia, ma anche l’architettura e la meccanica, nel mondo antico procedono realizzando a partire dalla osservazione della natura uno schema da replicare, semmai in scala, e da interpretare alla base di correlazioni fondate sulla memoria del passato. Così nascono i canoni geometrici del costruire, come quelli della bellezza, così nascono le corrispondenze tra le vicende umane e le congiunzioni astrali alla base degli oroscopi, che filosofi e scienziati continueranno a redigere sino e oltre l’età moderna.[3] Né gli oroscopi mancheranno neppure nella cultura “matematica” dei grandi arabi traghettatori del sapere classico nell’occidente.
Complesso e lungo sarebbe il racconto intorno agli scrutatori del futuro, dai profeti agli astrologi, e a ciò si rimanda in generale alla Storia dell’avvenire di Georges Minois e per l’Italia moderna agli studi di Elide Casali.[4]



[1] Mircea Eliade, Arti del metallo e alchimia, Torino: Bollati Boringhieri, 1980 (1956); Cosmologia e alchimia babilonese, Firenze: Sansoni, 1993.
[2] Marco Tullio Cicerone, Della Divinazione a cura di Patrizio Sanasi (www.bibliomania.it).
[3] Famosi sono gli oroscopi che lo stesso Galileo Galilei preparò per se stesso, per le figlie, per l’amico Giovanfrancesco Sagredo, e per il granduca di Toscana Ferdinando I.
[4] In assenza di dirette citazioni si rimanda alla bibliografia completa riportata al termine di questo saggio.

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